Per Medicina Funzionale si intende una medicina che studia la funzione di un organo o di un sistema. Il termine "disturbo funzionale" può essere utilizzato sia in presenza, sia in assenza di danni o di compromissioni organiche.
Spesso alterazioni della funzione di un organo non corrispondono ad alterazioni morfologiche rilevabili e non sempre con alterazioni dei parametri biologici dell'organo stesso.
Sovente il proprietario si presenta con il proprio animale perché nota alcuni sintomi o anomalie di comportamento che poi non trovano riscontro alla visita clinica tradizionale o agli esami.
L'attento studio del paziente può consentire di mettere in correlazione segni o sintomi, che apparentemente sono difficilmente collegabili, ma in realtà lo sono eccome alla luce della Medicina funzionale e dell'Omeopatia di risonanza.
La Medicina Funzionale si basa su
- osservazione dei fenomeni fisiologici e patologici
- considerazione del terreno organico in cui possono svilupparsi determinate patologie
- considerazione degli agenti eziologici delle malattie
- considerazione delle connessioni derivanti dallo studio della Medicina Tradizionale Cinese
- considerazione delle connessioni derivanti dallo studio dell'Omeopatia
- considerazione delle principali relazioni tra organi bersaglio ed organi correlati agli organi bersaglio in modo da comprendere a fondo lo spostamento della malattia o approfondimento della stessa all'interno dell'organismo.
Come per il campo dell'umana, anche in veterinaria la Medicina funzionale è una medicina prevalentemente empirica, intuitiva e deduttiva.
La Medicina Funzionale da una particolare importanza all'accumulo di tossine o scorie metaboliche in alcuni tessuti o distretti come fonte primaria di disturbi e malattie.
La sede anatomica dove si accumulano in maggiore quantità le scorie è il Mesenchima, che viene definito nel modo seguente:
Sezione di transito tra il sistema capillare e le cellule parenchimali, connessa con il sistema nervoso autonomo, ormonale e linfatico, costituita da una matrice in cui sono disciolte le varie sostanze ed in cui sono immerse le varie cellule e terminazioni nervose.
Questa definizione è stata fornita circa quarant'anni fa dal professor Pischinger, docente di Anatomia umana, Embriologia ed Istologia presso l'Università di Vienna.
L'intuizione della Medicina Funzionale può essere riassunta dalle parole di Pischinger: "Essenzialmente il concetto di cellula è un'astrazione morfologica. Considerato dal punto di vista biologico, non può essere accettato scollegato dall'ambiente vitale della cellula stessa"
La visione proposta dalla Medicina Funzionale è quella di una biologia dinamica e sistemica, rielaborazione moderna della vecchia medicina umorale, in contrapposizione alla visione statica della teoria della cellula di Virchow e a quella della medicina morfologica correntemente adottata. Il soffermarsi sullo studio delle variazioni omeostatiche del microambiente extracellulare spiega perché tali teorie si siano rapidamente diffuse nel mondo omeopatico sempre molto attento agli effetti sui sistemi biologici di microvariazioni dei sistemi omeostatici.
Fino ad oggi, anche e soprattutto come conseguenza degli studi universitari, siamo abituati a considerare la malattia come la cosa da affrontare terapeuticamente come un soldato deve affrontare il nemico. Ogni malattia, ogni sistema ed ogni organo viene visto ed osservato come a se stante dagli altri (anche se, in effetti, bisogna riconoscere che ultimamente questa tendenza sta in parte diminuendo).
La nostra medicina moderna è chiaramente la Medicina dei contrari; lo scopo è di opporsi alle tendenze morbose organiche per ritornare allo stato di salute che corrisponde alla scomparsa dei sintomi. (si riscontra la febbre, si somministra un anti-piretico, si ottiene la "non-febbre" identificata con la guarigione).
Questa medicina è il derivato della seconda guerra mondiale: un soldato malato è un soldato inutilizzabile ed inutile. Non deve stare male e nel caso fosse così deve poter stare bene nel più breve tempo possibile. Per riuscire a muoversi, a spostarsi, non deve più avere la febbre o i dolori che lo rendono inabile. Questo è senz'altro un ottimo scopo ed un ottimo risultato.... ma a che prezzo?! A prezzo di tutto quell'insieme di problemi che possono derivare da una terapia effettuata con farmaci allopatici che prendono il nome di "effetti collaterali".
È chiaro che se durante le epidemie di peste del 1600 fossero esistiti gli antibiotici non si sarebbero avute tutte quelle migliaia di morti, come poi ha smesso di accadere dopo la scoperta della penicillina. Non sono certo qui a voler criticare l'utilizzo degli antibiotici e non è mia intenzione, ma pensiamo per esempio a quante insufficienze renali irreversibili ha causato l'uso indiscriminato di antidolorifici, che da un lato è vero che ci fanno stare subito meglio, ma dall'altro ci possono far sorgere tutta una serie di malattie iatrogene di cui una volta non si sospettava nemmeno la possibilità.
Si deve cambiare livello, punto d'osservazione, prospettiva, si deve cambiare punto d'osservazione. Ci si accorgerà sicuramente di poter notare molti altri particolari che prima, per quanto si fosse osservato tutto con molta attenzione, non si fosse assolutamente notato. Questo ci consentirà non più di considerare solo la malattia ma, come dicono l'Omeopatia e la MTC, di prendere in considerazione il Malato (ciò vale per l'uomo ma anche per gli animali e tutti gli esseri viventi).
Tutto questo discorso non vuole essere una critica alla medicina ufficiale, tradizionale, universitaria, ma vuole ricordare a tutti che esistono altri livelli di conoscenza, di analisi, di controllo, di osservazione e di terapia.
L'una non esclude l'altra, il Medico deve usare tutte le sue conoscenze per curare il Malato nel modo migliore possibile al di là di tutti i pregiudizi e i retaggi che ci portiamo dietro a volte a costituire una vera e propria zavorra che ci rende "pesanti" nel pensare e nell'agire e non liberi e leggeri come, in effetti, dovremmo sempre essere.
Hahnneman ha sviluppato l'Omeopatia nel 1700 ma questo tipo di terapia, non dimentichiamoci, risale a molto tempo prima, all'India, probabilmente agli stessi tempi che hanno visto la nascita della Medicina Tradizionale Cinese e i primordi dell'Agopuntura. Anche questi tipi di medicina, definiti "energetici" tengono in considerazione il Malato come essere unico e globale, da curare nel suo insieme.
L'essere vivente (l'uomo in particolare) è posto a metà strada tra l'energia cosmica del Cielo e l'energia della Terra. L'uomo deve lasciare fluire questa energia dentro di sé, utilizzandola ma anche lasciandola andare in modo da evitare cicli energetici definiti "perversi" che lo porterebbero alla malattia.
Omeopatia e Medicina Tradizionale Cinese hanno sicuramente un origine simile e molto vicina l'una all'altra. Nel momento in cui si acquisiscono ulteriori conoscenze è nostro dovere tentare di applicarle nella nostra vita professionale in modo da "integrarle" una con le altre.
È chiaro che ai nostri tempi è impensabile avvicinarsi ad un malato solo empiricamente come poteva fare l'Omeopatia del 1700; è nostro dovere utilizzare tutti i mezzi diagnostici a nostra disposizione per effettuare una diagnosi corretta ma che deve sempre tenere in considerazione il malato come un "tutto" unico e non smembrato in parti.
Molto utile a questo proposito è la concezione del ciclo energetico della Medicina Tradizionale Cinese che ha portato alla formulazione della legge dei cinque elementi. (Acqua, Legno, Fuoco, Terra, Metallo).
L'Acqua nutre il Legno che alimenta il Fuoco, che è contenuto all'interno della Terra e che è in grado di sciogliere il Metallo, che è contenuto anch'esso all'interno della Terra per trasformarlo di nuovo in liquido cioè Acqua e quindi ricominciare il ciclo.
In Medicina Tradizionale Cinese l'Acqua corrisponde ai Reni, il Legno al Fegato, il Fuoco al Cuore, la Terra alla Milza-Pancreas (per i Cinesi organo unico), il Metallo ai Polmoni. Ogni organo (Yin) ha un viscere corrispondente (Yang) che lo pone in comunicazione con l'esterno e quindi ai Reni corrisponde la Vescica, al Fegato la Vescica biliare, al Cuore l'Intestino tenue, al Milza-Pancreas lo Stomaco, ai Polmoni il Grosso intestino.
Ognuno di questi organi o viscere fornisce energia a quello che lo segue nel ciclo energetico ed è in grado di controllare, modulandolo, quello ancora seguente.
Risulta evidente che con questa concezione ogni sistema o organo è in stretta correlazione con gli altri e che qualsiasi modificazione fisiologica o patologica che venga ad interessare un organo interesserà inesorabilmente gli altri organi in maniera più o meno marcata a seconda dei loro rapporti energetici.
La terapia che verrà impostata dovrà tenere conto di tutti questi fattori in modo da arrivare allo scopo ultimo e cioè quello di curare il Malato.
La risonanza è un fenomeno fisico in base al quale una struttura o un sistema che entra in contatto con una vibrazione ondulatoria, pari alla frequenza di vibrazione propria del sistema, risponde con una ondulazione di uguale lunghezza d'onda ma di maggiore ampiezza.
Il dott. H. Shimmel con l'aiuto delle tecniche VRT (Vega test) teorizzò che singoli rimedi omeopatici potevano avere relazioni di risonanza con strutture organiche (organi, cellule e loro strutture, microrganismi). Inoltre potè mettere in relazione di risonanza le strutture cellulari sane con singole potenze decimali di rimedi omeopatici specifici e determinati.
L'Omeopatia di Risonanza (o Omeorisonanza) espleta la sua azione attraverso l'associazione di più rimedi che, malgrado non siano sempre conformi con la repertorizzazione classica, presentano specificità per l'organo o la funzione e la conseguente patologia da trattare in base alle loro relazioni di risonanza.
Fu necessario andare a ricercare quale fosse la componente ondulatoria determinante la risonanza.
Le principali indicazioni ci sono state fornite da H. Frohlich con i suoi studi sulla membrana cellulare e sui biofotoni.
Esiste un differente assetto elettrico tra l'interno e l'esterno della membrana cellulare: la concentrazione di ioni potassio è superiore all'interno della cellula rispetto all'esterno e questo è dovuto all'attività delle pompe ioniche presenti nella membrana.
La differenza di potenziale che si crea fra i due versanti è di circa 100 millivolt. Essendo lo spessore della membrana cellulare di circa 10-6 cm., l'intensità di campo risulta essere di 100.000 volt/cm .
Le continue modificazioni che avvengono a livello della membrana inducono singole parti della stessa a vibrare.
Frohlich ha calcolato in valori tra i 1011 e 1012 Hz. la frequenza di tale ondulazione.
I primi studi relativi ai biofotoni e alla loro azione all'interno dell'organismo sono da attribuire al biologo russo A. Gurwitsch (1926-1959). Egli osservò che se si poneva la radice di un bulbo con divisioni cellulari a stretto contatto con una radice di un altro bulbo, dopo un breve periodo anche quest'ultima radice iniziava a manifestare divisioni cellulari; la cosa però non avveniva se tra le due radici veniva frapposta una lastra di vetro che non lasciava passare i raggi UV. In base a ciò, a quel tempo, Gurwitsch formulò la teoria dell'esistenza di una radiazione citogenetica nella banda degli UV.
Nel 1955 in Italia un gruppo di fisici ricercatori riuscì a rilevare, con l'ausilio di fotomoltiplicatori, l'esistenza di una radiazione nella gamma ottica proveniente da germogli di cereali.
Le radiazioni cellulari furono sempre più studiate fino ad arrivare agli studi di F.A. Popp che ha dimostrato e confermato che:
- esiste una radiazione fotonica ultradebole che si manifesta in tutti gli organismi viventi e la sua rilevanza sembra aumentare con il grado di evoluzione degli organismi stessi
- la sua intensità è estremamente debole ma la sua coerenza è elevatissima e questa da la specificità del messaggi elettromagnetico
- le intensità massime di radiazione e le loro frequenze di emissione sono specifiche per ogni specie vivente
In base ai risultati ottenuti ed alle osservazioni fatte risulta quindi che i biofotoni non sono solamente connessi all'attività di tipo mitotico ma sono prodotti dal normale funzionamento della cellula sana e vengono a costituire un importante e velocissimo sistema informativo sia intra- sia extra-cellulare.
La radiazione fotonica prodotta dalle strutture viventi ha un'emissione sincrona e coerente. Il risonatore chiave all'interno della cellula è costituito dalla catena del DNA.
A riprova di queste affermazioni è l'esperimento di Rattermeyer e Popp con il bromuro di etidio. Questo è un colorante che si lega selettivamente alla catena del DNA, non solo ma è anche in grado di provocarne lo srotolamento in modo direttamente proporzionale alla sua concentrazione.
Se però si supera una certa concentrazione, quando la catena DNA è completamente srotolata questa comincia a riarrotolarsi nel senso opposto alla forma originaria.
Proprio in base a questo meccanismo i ricercatori osservarono che l'emissione fotonica aumentava in modo direttamente proporzionale alla concentrazione di BE ed allo srotolamento del DNA. Con l'aumento ulteriore di concentrazione di BE l'emissione fotonica iniziava a diminuire in accordo con il riarrotolamento dell'elica di DNA.
Un altro esperimento importante fu quello del Centro Ricerche Mediche dell'Università di Novosibirsk:
due palloni di vetro contenenti delle colture di fibroblasti di cui una infettata da virus, vengono unite tra di loro attraverso un diaframma di vetro, in seguito il diaframma di vetro viene sostituito da uno di quarzo che è permeabile ai fotoni. I ricercatori notarono che finchè il diaframma era costituito da vetro le due colture si comportavano in modo indipendente l'una dall'altra. Quando il diaframma venne sostituito da quello di quarzo si notò che la coltura sana iniziò a manifestare le lesioni tipiche dell'infezione virale.
Risultarono quindi due dati importanti:
- l'esperimento venne ripetuto 10.000 volte e risultò positivo nell' 80% dei casi
- segnali patogeni mediati da radiazioni fotoniche sono penetrate attraverso il quarzo dando segni di infezione della coltura sana senza trasmissione di virus o di sue particelle.
Vennero quindi dedotte due ulteriori osservazioni:
- l'emissione di biofotoni è direttamente proporzionale al grado di salute del tessuto (i tessuti malati hanno scarsa emissione di biofotoni sia per l'alterata funzione metabolica, sia per il blocco del passaggio dei fotoni attraverso il mesenchima alterato)
- i biofotoni agiscono come sistema informativo a distanza.
Per una legge della fisica le strutture che emettono radiazione coerenti e sincrone, come il laser, mantengono gli atomi in uno stato di eccitazione tale da continuare ad emettere radiazione fotoniche coerenti nel tempo. La coerenza è l'allineamento in fase di fasci di onde con la stessa frequenza e lunghezza d'onda.
L'informazione elettromagnetica (laser) viaggia a distanza senza perdere o acquistare ulteriori informazioni durante il tragitto.
Una sospensione di sabbia marina veniva illuminata attraverso un fotometro e si poteva rilevare che l'assorbimento della luce (scelta con lunghezze d'onda simili a quelle della radiazione ultradebole) che attraversava tale sospensione era di circa il 99,9%. Se venivano posti dei germi di cetriolo vicino alla stessa sospensione si rivelava che quest'ultima tratteneva solo il 30% della radiazione fotonica e l'unica spiegazione di ciò risiede nell'eventualità che tali radiazioni possiedano un'elevata coerenza. Tutto ciò comporta che, come nel caso del laser, il trasporto di energia avviene senza molte perdite, in quanto viene annullata la possibilità di interferenze, aumenta la possibilità di identificazione e migliora la capacità di trasformazione.
Quando una base nucleotidica del DNA assorbe della luce, la rimette in seguito emettendo un fotone e ritornando nello stato attivato. A temperatura corporea però la base attivata si accoppia con la base vicina attivata anch'essa per formare una nuova unità che si chiama eccimero. Questa nuova struttura è relativamente stabile ed emetterà il fotone che collega le due basi nel momento in cui sarà indotta dal passaggio di un fotone avente energia corrispondente alla differenza di energia tra stato attivato e normale dell'eccimero.
Il DNA agisce non solo come fonte ma anche come deposito di luce coerente.
Il DNA durante la fase diurna con l'esposizione alla luce si presenta più contratto per il fatto che la formazione di eccimeri porta ad un addensamento delle molecole. La scarsità di fotoni porta invece ad un rilasciamento della catena del DNA. Queste continue oscillazioni della forma delle catene porta ad una ben determinata frequenza oscillatoria che costituisce una frequenza base fondamentale che è determinata dal proprio campo fotonico emesso.
In pratica una delle funzioni del DNA è quella di assorbire informazioni coerenti dall'ambiente esterno e di rimetterle con adeguata coerenza in seguito. Questo comporta una grande importanza nell'equilibrio organico in quanto queste informazioni fotoniche servono per mantenere i contatti tra le varie strutture del corpo formando una e vera e propria "rete" informatica che preserva l'organismo da tutti i segnali di fondo incoerenti provenienti dall'esterno (onde elettromagnetiche) e dall'interno (microrganismi, metalli pesanti, pesticidi).
I rimedi di risonanza producono una liberazione di biofotoni in quantità variabile da parte di un tessuto in relazione:
1) alla specificità del farmaco per l'organo, la struttura cellulare o il microrganismo.
2) Al grado di energia e quindi di benessere dell'organo interessato (più è funzionalmente sano, tanto maggiore sarà l'emissione fotonica
I fotoni liberati dall'effetto di risonanza si dirigono attraverso canali energetici preferenziali (canali di agopuntura??) verso aree organiche dove esiste una minore produzione di energia (focolai o campi perturbati).
Questo flusso fotonico da aree più ricche verso aree in deficit energetico produce un effetto terapeutico aspecifico che si addiziona all'effetto terapeutico specifico del farmaco di risonanza.
Una funzione dell'omeopatia di risonanza è proprio quella di stimolare la liberazione di molti fotoni da parte dei tessuti sani per poter riequilibrare lo scompenso energetico dei tessuti malati proprio come nella medicina cinese dove con l'impiego dell'agopuntura si tenta di ottenere un riequilibrio tra i distretti con molta energia e quelli con scarsa energia.